Ho assistito alla presentazione del “Piano di sviluppo della Marineria di Bellaria Igea Marina”. Vi era presente un folto pubblico che assieme a me ha ascoltato il fiume di parole che ne ha accompagnato la presentazione. Un presentazione piena di suggestioni che credo abbia incantato i pescatori bellariesi. Un categoria che conta circa 52 battelli per la pesca e 8 battelli per la miticoltura. Di tutte queste 44 (compresi i miticoltori) praticano la loro attività entro le 3 miglia. Il fatturato globale di queste attività se ho ascoltato bene dovrebbe essere fra i 2/2,5 milioni di euro. I pescatori sono stati sono stati blanditi con argomentazioni tendenti a spiegare come potevano elevare notevolmente il loro modo di fare il mestiere col dichiarato intento di portarli ad una maggiore redditività che trovasse, in sapienti leve di marketing di prodotto e di modernizzazione organizzativa, la risposta al loro desiderio di maggiore protagonismo ed autonomia economica.
Ovviamente quello che è stato detto non è tutto da buttare , si è parlato di sinergia col turismo (e qui a mio avviso ci sono spazi da occupare con sano realismo) , di accorciamento della filiera con un nuovo sistema di commercializzare che trova, fra le altre cose, nel nuovo mercato la stella polare di questo nuovo modo di far marineria. La cosa che mi ha convinto di meno è l’evocazione di tanti finanziamenti da trovare nei diversi gradi istituzionali per far funzionare il tutto o fare da paracadute nei primi tempi della gestione.
Un film già visto e di cui se qualcuno ne avrà curiosità dirò dove può portare. Devo dire che ogni iniziativa di qualsiasi natura essa sia (organizzativa, marketing, mutualistica ecc.) che porti ad elevare i fatturati della categoria è encomiabile purché sia realistica e fondata sulla coscienza di vivere nel mercato. Ma veniamo alla categoria ai dei pescatori.
Un dato che mi ha colpito è quello dei 200 addetti che svilupperebbero un fatturato annuo medio di circa 12.000 euro ad addetto . Un dato che se viene incrociato con i battelli che si dedicano alla piccola pesca (36) ci induce a pensare che si tratta in gran parte di attività, frazionate nelle stagionalità della tipologia di pesca, insufficienti a produrre un reddito che si avvicini alla media del reddito cittadino (22.000 euro lordi). Si tratta insomma di redditi di sostegno assimilabili ad un lavoro stagionale. Solo poche di queste attività riescono a produrre fatturati e redditi in grado di sostenere famiglie. Il tutto si situa in uno scenario macroeconomico europeo e italiano che prefigura l’adozione della diminuzione di quote di produzione (come le quote latte). Tanto è vero che, come dichiarato dai relatori, la comunità europea invita a trovare soluzioni alternative come quelle che risultano nel piano, magari in sinergia col la più lucrosa attività turistica. Questo mi induce a pensare che questa attività marinara debba avere delle marginalità elevate, e che vada in qualche modo aiutata ma che non possa essere permanentemente assistita dal pubblico per tanti motivi.
Banalizzando i dati; la marineria produce in termini di fatturato l’equivalente di 15 alberghi di 30 camere. E allora buttiamo via tutto? No per carità se vogliamo essere utili ai pescatori valutiamo il problema per quello che è. Non parliamo di investimenti passati ma di quelli presenti e di quelli futuri indicati (viabilità, efficientamento del mercato ecc. ecc.).
A me non risulterebbe che il fabbricato del mercato e le attrezzature relative siano arrivati a costo zero al Comune, qualcuno comunque ce lo confermerà. La configurazione giuridica della società che gestirà il mercato mi fa supporre che il risultato economico della gestione del mercato graverà nel bene o nel male sulle spalle dei soci Questo è ciò che mi ha sempre preoccupato fin dall’inizio: la gestione di questo mercato. Nella relazione che Massimo Bellavista ci ha prodotto c’è una cifra sola euro 280.000 di entrate da canoni di locazione con al pari costi previsti per i primi due anni. Se ho capito bene questi costi graveranno sui soci della cooperativa che usufruirà della struttura e si aggiungerà ai loro costi di produzione senza alcun onere per la collettività anche se devo dire che l’insistere sul fatto che quel tipo di mercato ittico è un servizio pubblico non ci rassicura. Quindi i soci (che sono anche i fruitori dei servizi) dovranno poi garantire eventuali affidamenti che questa organizzazione di produttori richiederà ecc. ecc. . Se ho capito altrettanto bene per il primo anno (o due) i produttori si devono impegnare da conferire al mercato almeno il 20% del prodotto che equivale a circa 500.000 di fatturato. Beh non c’è male.
Vorrei anche spendere poche parole riferite alle attività da implementare per arricchire la gestione caratteristica (la pesca tradizionale) e produrre eventuali incrementi del fatturato complessivo. Mi riferisco all’ iniziativa “pescatore per un giorno”: anche se c’è un pranzo non sono tanti 70 euro per una giornata in mare col pranzo e 35 con lo snack per mezza giornata? Considerato anche il tipo di turisti che abbiamo e i prezzi praticati dalle motonavi? Direi lo stesso anche per la pesca ricreativa (60 euro a giornata). Riguardo all’accordo con gli albergatori per il prodotto a km. zero considerati i prezzi che gli stessi sono abituati a praticare alla loro clientela dubito che siano il bersaglio giusto. Vedrei meglio i ristoratori che mi sembrano un numero sufficiente per assorbire il prodotto di certe pesche e più adatti a spiegare e promuovere le peculiarità del prodotto locale. Ad ogni modo ci aspettiamo anche un business plan proiettato su 5 anni di cui la relazione è assolutamente carente
Non ce l’ho coi pescatori anzi. Il nonno di mia moglie era un pescatore e suo padre (mio suocero) è vissuto più sul porto che a casa sua come anche mio cognato E’ proprio perché i pescatori mi piacciono che mi permetto di entrare nel merito di una roba che per la nostra marineria, considerati i numeri complessivi che riesce a produrre, quel mercato se non è la Ferrari è almeno la Porsche. Però come diceva la buonanima di Tonino Guerra l’ottimismo è il sale della vita. Pensiamo positivo, possibilmente senza oneri per i contribuenti.
Giorgio Mosconi
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