Riprendiamo dunque il discorso sull’immigrazione clandestina, ribadendo il fatto che si tratta di un problema europeo e, se vogliamo, anche a livello mondiale, avendosi sempre e comunque flussi emigratori da paesi poveri a paesi ricchi, come accade, per esempio, tra Messico e Stati Uniti. E senza dimenticare che anche noi siamo stati un tempo un popolo di emigranti.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea stabilisce che gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento, una pena detentiva: secondo i giudici di Lussemburgo l’obiettivo da perseguire è l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare, garantendo al contempo il pieno rispetto dei loro diritti fondamentali .
Purtroppo l’Italia è una sorta di molo proteso nel Mediterraneo, una porta di ingresso non solo per pochi veri ‘rifugiati politici’ ma soprattutto per migliaia di disperati in fuga dalla miseria dell’Africa sub-sahariana e centrale. La questione è balzata in grande evidenza quando il 3 ottobre 2013 un barcone carico di richiedenti asilo si è inabissato incendiato; il naufragio ha provocato 366 morti oltre a una ventina di dispersi. L’11 ottobre un simile disastro si è ripetuto anche se con meno annegati. Un altro dei problemi è che vi sono numerosi minori di età senza accompagnatore, che per legge non possono essere espulsi prima della maggiore età, né trattenuti assieme ai maggiorenni in Centri di identificazione ed espulsione; però, prima di compiere la maggiore età, buona parte abbandona le strutture di accoglienza non carcerarie andando a ingrossare il numero degli immigrati clandestini. Tra l’altro l’on. Alfano ha detto in TV a Fabio Fazio che dei 10 extracomunitari che si erano cuciti la bocca per protesta, tre avevano precedenti penali.
E’ bene notare che la situazione si è aggravata con il colpo di stato in Libia – scatenato da Sarkozy contro l’ottima politica di Berlusconi con Gheddafi – e con quanto sta accadendo nei paesi limitrofi. I nuovi equilibri (?) hanno scardinato anni di impegno, tanto che il lavoro che l’ex-premier Berlusconi stava facendo in Libia per tenere le barche dell’orrore ancorate nei porti, è stato poi vanificato. Infatti tale politica di accordi con vari paesi, in specie con la Libia, che ha riportato molti immigrati a essere rimpatriati per poi essere portati nei loro Paesi di origine, è stata oggetto, nel 2009, di ripetute proteste da parte di Laura Boldrini la quale, a nome dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha sottolineato come la cosiddetta “politica dei respingimenti” non tenga conto di come fra le persone respinte ve ne siano anche quelle con tutti i requisiti per richiedere asilo politico. Da parte governativa ( ministro Maroni ) venne risposto che l’identificazione dei migranti e l’accertamento della loro condizione di legittimi richiedenti asilo politico, non poteva essere verificata a bordo dei natanti delle forze di Stato, che espletano funzioni di polizia e di soccorso, ma va fatta nei luoghi di imbarco, dagli uffici dell’Alto commissariato ONU per i rifugiati, che infatti prima aveva una sede in Libia. Purtroppo l’Italia è stata condannata davanti alla Corte europea e il trattato con la Libia definitivamente sospeso dal governo Monti e sostituito da altro dove non si parla espressamente di respingimenti. E i risultati si sono visti. Grazie, presidente Boldrini.
Quindi la situazione è oltremodo complessa e spinosa e non sarà certo l’abolizione del reato a porvi rimedio. Innanzi tutto è necessario il ritiro dalle missioni di pace ( ma quale pace? ) poi occorre creare un Alto Commissario Europeo per l’Immigrazione, al di fuori dell’ UNHCR delle nazioni unite, che si occupi delle barche della morte provenienti dalle coste africane per risolvere il problema non solo là dove inizia, sulle coste africane, ma anche nelle nostre regioni dove in alcune sembrano essere ritornati i “servi della gleba” di medievale memoria.
E’ necessario individuare idonee modalità europee di inserimento di queste popolazioni africane e arabe nella comunità europea. Ma inserimento vuol dire accogliere chiunque venga per un futuro migliore, per lavorare in condizioni onorevoli e oneste, pagando le tasse e ottenendo quello che lo Stato dà in cambio. Ben venga chiunque, di qualsiasi nazione e qualsiasi sia il suo carattere somatico. Ma l’UE avrà mai una simile comunione di intenti o dovrà ancora essere l’Italia a continuare a togliere le castagne dal fuoco a mani nude?
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