“Conoscere attraverso la bellezza è inalare il respiro di Dio”
Questa recensione nasce dalle riflessioni personali di chi ha fatto della pittura un terreno di indagini conoscitive operate nell’arco di quarant’anni d’attività e non vuole ripetere le asserzioni storiografiche già troppo note su un artista così importante come Paul Klee, bensì esprimere delle considerazioni dal punto di vista di chi sta dalla parte di chi opera, dove si intravede il modo con cui il sottoscritto affronta e dialoga con la materia artistica.
Parlare dell’opera pittorica di Paul Klee, è come addentrarsi nel territorio oscuro della creazione, ovvero percorrere passo per passo ogni momento, intravvedendo le ragioni e le finalità di un progetto che ha nelle sue premesse, la riqualificazione dello spazio percettivo. Lo spazio di Paul Klee rappresenta una delle tre forme di strutturazione dell’astrazione novecentesca insieme a Vasilij Kandinskij e Piet Mondrian. Non stiamo qui a dilungarci che fu insegnante insieme agli altri due, nella più importante scuola d’arte del mondo nel periodo pre-bellico, il Bauhaus di Weimar, diretto da Walter Gropius. Ma diciamo subito che mentre il surrealismo di Max Ernst, nella sua novità, si sviluppa in un’idea ancora “tradizionale” della pittura, nel senso che Ernst si avvale della “rappresentazione” come mezzo d’indagine conoscitiva della sua realtà interiore che si estende a oggettivare modelli di “surrealtà” alla portata del fruitore, in Klee invece, il gradiente surreale è un principio secondario della spinta creativa, vero atto esegetico che attua le sue forze imprevedibili al servizio della scoperta. Mentre Ernst compie la sua indagine del profondo “narrando” coi mezzi formali già conosciuti della pittura, Klee si addentra nel profondo, investito da una nuova concezione dello “spazio pittorico“, che non è più “mimetico” ma ridefinito e qui la lezione di Kandinskij impartita qualche anno prima nel Blaue Reiter aveva lasciato il segno più grande, seppure in un’ottica espressionista, eliminando fra le altre cose la profondità e la prospettiva stessa, verso un progressivo appiattimento. La tela come supporto, stava diventando la vera protagonista dell’”evento artistico” e con loro, la pittura aveva gettato le basi per una rivoluzione totale sfociata nella “pittura analitica” degli anni ’70.
Ma lo spazio e il mondo di Paul Klee era tutt’altra cosa da quello di Kandinskij e Mondrian, se per quest’ultimi due la pittura era un tentativo di trasformazione della loro spiritualità attraverso l’ausilio di forme “elementari” o ridotte a pura tautologia, convogliando e combinando il colore alla natura della forma stessa, attribuendo a questa un significato “trascendente” attraverso un personale codice simbolico, per Klee, lo sperimentalismo tecnico è l’atto principale della visione nel momento stesso della sua attuazione, una condizione d’incognite che lo portò a scoprire le “meraviglie della natura”, non nel suo atto finale, ma nelle sue strutture evolutive, un processo di gestazione e indagine conoscitiva che lo proietta per diritto alla vetta dell’arte astratta del ‘900. Nonostante si avvalga del “riconoscibile”, come rapporto al suo referente, sonda soluzioni formali esponendo la sua pittura ai confini del psichicamente “percepibile”e visivamente alludente.
La pittura di Paul Klee, come quella di Kandinskij e Mondrian, si esprime ancora attraverso una forte connotazione della forma, che tiene legata in una sorta di “cristallizzazione della visione”, tutte le lacerazioni interiori e contraddizioni creative. Il risultato pittorico è sempre quello di uno spiccato senso d’equilibrio fra forma, colore e tecnica esecutiva. Per gli altri due si attua invece una modulazione della forma che si rinnova all’interno di un codice precostituito. Insomma, l’arte di Klee è sospesa fra mistero e rivelazione servendosi dell’innovazione pittorica, quella di Kandinskij e Mondrian è una ricostituzione dei principi stessi della pittura. Un’operazione ancora più radicale.
“Non ci sono stati santi, ne filosofi che abbiano sfiorato il Supremo più degli artisti… e non ci sono stati scienziati che abbiano intravisto per un attimo solo, il passaggio di Dio”.
ranofornace
Perché l’arte va oltre all’umana esperienza, si libera e parla di sé coinvolgendo la trascendenza.
E la pittura non è semplicemente rapportarsi al “bello”, ma è l’attività di scoprire le maglie in cui si annidano i principi universali della “bellezza” che non è il “gusto” che si sottopone al giudizio storico e culturale, ma una sorta di “verità della rappresentazione” che ingloba in se, le stesse ragioni misteriose della creazione “divina”. L’arte è e rimane la prima in graduatoria, delle invenzioni umane non materialistiche (nel senso della sua funzionalità), a sondare il territorio della “conoscenza speculativa”, proprio per la sua natura anti, rifiutando le leggi scientifiche (almeno in alcuni suoi passaggi) e della logica matematica come le si conoscono ancora oggi.
Paul Klee, fa parte come Kandinskij e Mondrian, (e ovviamente Picasso) di questa categoria d’artisti, di coloro, la quale “madre natura” aveva innestato il seme dei propri misteri sul terreno fertile del loro immane genio. Noi invece “comuni mortali”, siamo solo suoi frutti inconsapevoli.
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