Democrazia senza partiti

democrazia-senza-partitiNon chiedete nulla, ma unicamente che la libertà che lo Stato e i partiti riconoscono a parole – quella di scegliervi i propri rappresentanti – non sia una mistificazione. Il mandato politico, nella sua vera essenza, è soltanto un atto di fiducia degli uomini in un uomo”. È quanto si legge sulla copertina di “Democrazia senza partiti” di Adriano Olivetti.

Le Edizioni di Comunità, fondate da Olivetti nel 1946 “in un momento di profondo turbamento morale e di grandi speranze per la società, per contribuire alla ripresa culturale dell’Italia”, hanno ripreso la loro attività nel 2012 con il progetto di ristampare l’opera omnia del loro fondatore. “Democrazia senza partiti”, che fa parte della collana Humana civilitas in cui vengono riproposti i discorsi di Olivetti, è un testo scritto nel 1949 che rappresenta una difesa appassionata della partecipazione politica declinata attraverso una forma alternativa a quella tradizionale.

Già all’indomani della nascita della Repubblica, Olivetti presenta una attenta analisi in cui coglie i punti deboli del sistema dei partiti, che l’autore accusa di inadeguatezza e inefficacia nello svolgere il ruolo di portavoci e interpreti dell’elettorato che li ha delegati. La critica non è da intendersi in senso teorico, come un attacco al sistema democratico, anzi tutto il contrario: è rivolto alla negligenza delle strutture politiche e alla loro mancanza di responsabilità.

Gli ostacoli maggiori che impediscono un rapporto trasparente tra rappresentante e rappresentato sono principalmente due: il potere del denaro e gli interessi economici. Le due maggiori forze politiche del dopoguerra, il cattolicesimo, con la sua concezione di democrazia più conservatrice, e il comunismo, fautore di una democrazia progressiva, vengono analizzate con grande lucidità. Segue la presentazione del Movimento delle Comunità presentato come una alternativa in grado di garantire una vita sociale a misura d’uomo, supportata dallo sviluppo tecnico e tecnologico, in cui il fattore economico, quello culturale e quello spirituale siano integrati in un tutto organico.

Sono pagine in cui è possibile trovare una visione della società alternativa, sicuramente utopistica nella misura in cui il suo progetto non si è concretizzato se non in alcune realtà locali e per un tempo ridotto. Tuttavia, i valori su cui si basa la Comunità proposta da Olivetti e la sua struttura fortemente collegata al territorio ci forniscono spunti interessanti che oggi vale la pena di riprendere e rimeditare.

La Comunità, come la concepisce l’autore, è una realtà locale collegata a tutte le altre ma dotata di poteri autonomi. I principi fondamentali su cui si basa sono la libertà, intesa come “il rispetto della dignità e della vocazione della persona”; l’autorità, che deve essere esercitata con funzioni di limite e di controllo; la creazione di ordini politici in cui le funzioni dei singoli siano assegnate in base alla vocazione, seguendo l’esempio degli ordini religiosi.

Particolare enfasi viene conferita alla morale religiosa e al suo ruolo di guida spirituale: in base alla visione dell’autore, la dottrina cristiana, intesa come l’autentica portatrice dei valori etici universali, può essere accettata da tutti a prescindere dalle convinzioni e dalle posizioni personali. Decisamente interessante, soprattutto per il momento attuale segnato dalla mancanza di cultura e di possibilità lavorative, la proposta di organizzare giuridicamente l’attività culturale rappresentata dalle università e quella lavorativa dei sindacati, organi ai quali deve essere assegnata una concreta forza politica.

Il saggio va ovviamente inquadrato nella compagine storica del dopoguerra per essere compreso in maniera corretta, e per questo è utile la presentazione di Stefano Rodotà, concisa e precisa, che ne evidenzia i punti centrali. Una lettura appassionata ricca di spunti di riflessione sulla politica italiana passata e presente.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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